TALENTO:
DOTE NATURALE O CRESCITA PIANIFICATA?
“La
fortuna non esiste. Esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione” recita
l’equazione dell’illustrissimo Seneca.
La componente casuale non è certo mai da sottovalutare, ma
cosa intendiamo esattamente per “talento”? Alla stregua della bellezza, la quale si vede che
c’è ma si fa fatica a definirla, è difficile coniarne una definizione univoca
ed universale. A mio avviso, è guizzo, genialità, un’abilità straordinaria accompagnato
da expertise, empowerment, tenacia, slancio. Dalla musica all’arte, dall’ambito
scientifico a quello letterario, dalla medicina al design, la forza del talento
è proprio quella di non essere univoco ma capace di declinarsi in campi diversi
sempre in modo straordinario.
Ognuno di noi non sceglie il proprio punto di partenza, ma
può consapevolmente decidere dove vuole arrivare. Scoprire le proprie vocazioni
ed esserne all’altezza è già un ottimo incipit, essere consapevoli delle
proprie skills e differenziarsi in modo distintivo è già un trampolino. Occorre
poi lavorare sodo a quel famoso “fattore x”, che altrimenti rimarrebbe improduttivo,
e nulla è in grado di boicottare profondamente noi stessi come l’essere
persuasi di possedere un potenziale inespresso.
Due aspetti, a mio avviso, meriterebbero di essere
approfonditi; innanzitutto il valore del fattore
talento e, in secondo luogo, quella che potremmo definire la logica del talento. Provo brevemente a dare qualche suggestione a riguardo.
Quanto al primo, cosa significa nell’effettivo “avere
talento”? Qual è il suo “peso specifico”? Non vi è dubbio che la
predisposizione naturale sia un ingrediente importante nella ricetta per il
successo. In questa accezione il termine nomina quelle qualità che, senza
merito, ereditiamo dalla nascita: doni, fisici e mentali, che chiedono di
essere messi a frutto con volontà e determinazione. Il talento, però, da solo
non basta a farci conseguire risultati importanti e sbagliano infatti coloro
che credono che possa essere sufficiente. In questo modo il talento si andrebbe
a “mitizzare”, si tradurrebbe in un beffardo destino biologico che sorride
soltanto a pochi eletti, esentandoli dalle fatiche del sacrificio. Dando
credito all’idea che il successo sia un destino già scritto da dinamiche
superiori, non si riconosce il lavoro necessario a far fiorire il talento. Si foraggia
in questo modo la cultura degli alibi che deresponsabilizza, impedendo di
crescere, edificando dentro di noi muri di barriere che non ci permettono di
trascendere i nostri confini: “se non sono abbastanza dotato è anche inutile
che io ci provi”. Se la lotteria genetica non mi ha fatto vincere posso anche
evitare di provarci! Nulla di più sbagliato… come a dire, di converso, che chi
consegue risultati rilevanti lo fa solo perché aiutato da un vento che soffia
favorevolmente, senza contare la fatica, lo studio e la costanza che hanno disegnato
quel trionfo.
Penso che talento e resilienza
si sostengano a vicenda. Non c’è talento che venga veicolato all’esterno
prima di un processo interiore di consapevolezza, maturazione e dedizione. Queste
riflessioni propedeutiche ci aiutano a consacrare la logica del talento in una
visione integrata e ad ampio respiro: esso non è un silo, ma un equilibrio tra
diverse variabili. Ci vuole un gran talento nel gestire la fatica, nel non
lasciarsi scoraggiare dalle avversità: questa abilità è quindi dialogica,
basata su un incontro tra ciò che ci è stato dato e ciò che noi abbiamo scelto.
A proposito di talento, oggi nelle aziende si parla molto
di empoyee retention ed io
personalmente cerco sempre di stimolare la motivazione dei dipendenti al fine
di fare sentire i miei collaboratori parte integrante dell’entità aziendale;
ogni giorno cerco di favorire la comunicazione, incrementare uno spirito di collaborazione
a tutti i livelli puntando moltissimo sul valore aggiunto apportato dai
giovani.
Il talento è un cammino di scoperte i cui players
principali sono da un lato l’individuo con i propri valori, le proprie hard e
soft skills e dall’altro l’azienda con la sua mission, il suo business, i
propri obiettivi. Il magico incontro di queste due entità può creare un modello
di lavoro eccellente!
Ogni azienda, certo, è alla ricerca di variabili diverse e ciò
rende impossibile stilare un vademecum del
talento aziendale. Esistono però delle macro-caratteristiche trasversali:
competenza, flessibilità, proattività, capacità di stare in team, sete di
apprendimento, capacità di cogliere e superare le sfide: tutto questo
conferisce inoltre nuova linfa al business. Riconoscere i talenti nel proprio
organico, gratificarli premiando i loro meriti conferisce sicuramente
competitività all’azienda nello scenario di mercato.
Il talento, quindi, non è soltanto un’abilità dai tratti
eccezionali che connota in maniera distintiva un individuo, non è unicamente
un’irripetibile impronta, un genio ispiratore…è tanta tenacia, sacrificio,
tensione al risultato, capacità di rialzarsi quando si cade, intelligenza
emotiva, empatia.
Ci
vuole talento per essere all’altezza dei propri talenti!
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