A chi non è mai capitato di inserire un indirizzo su un app
per trovare il percorso migliore e poi di girare a lungo a vuoto prima di
raggiungere la destinazione? Quanti di noi si sono fidati delle informazioni
internet in real-time sul trasporto
pubblico e poi sono rimasti a piedi? Alzi la mano infine chi, sotto un cielo
plumbeo, ha creduto al meteo on-line che prometteva sole tutto il giorno e
invece è arrivato a casa bagnato fradicio?
La tecnologia è ovunque e ci aiuta nella vita quotidiana. Tuttavia,
viene naturale chiedersi se non ci si faccia troppo affidamento, soprattutto su quella più “comoda” delle app a
portata di touch-screen.
L'automazione è indubbiamente essenziale in molti casi, ma gli
esperti del settore hanno sottolineato l'importanza
dell'interpretazione umana nell'analizzare i dati, perché possono sorgere
problemi quando le decisioni vengono prese sulla base dei soli numeri.
Spesso tendiamo a dimenticare che la tecnologia presenta
anche dei problemi tra cui la
possibilità di essere "hackerata" e il suo non essere immune da errori e bug di
sistema. I più allarmisti temono addirittura che un giorno finiremo per
affidarci completamente ad essa e che non saremo più in grado di fare nulla per
noi stessi. Senza cedere a queste visioni distopiche del nostro futuro, il
dubbio comunque resta: non saremo forse troppo dipendenti da tutti questi dati
e informazioni reperibili sulla punta delle dita?
A volte ho come l’impressione che per pigrizia stiamo mettendo da parte l’istinto, la
logica e le conoscenze pregresse in favore di ciò che i nostri schermi ci
“dicono”. Ci stiamo allontanando dal prendere decisioni da soli usando i nostri
sensi e pensieri. Invece guardiamo il mondo attraverso i risultati di dati e
algoritmi, basando le nostre decisioni su ciò che la tecnologia ci comunica. Ciò
vale sia nella sfera privata che in quella lavorativa. Quanti minuti e ore di lavoro abbiamo sprecato cercando documenti
nella reta aziendale o aspettando il riavvio o la riparazione dei dispositivi;
quante volte i colleghi ci hanno suggerito il famoso “hai provato a spegnere e
riaccendere?”
Dunque, come possono le aziende promuovere la necessaria collaborazione tra persone e mondo
digitale e garantire il giusto equilibrio in questa nostra età
dell'automazione? L'industria non ha ancora tutte le risposte, ma un buon punto
di partenza è iniziare dalle aree che
richiedono abilità distintamente umane, come creatività, empatia e
giudizio. Il CEO di Google, Sundar Pichai, ha dichiarato: "La
tecnologia non risolve i problemi dell'umanità. È naïve pensarlo. La tecnologia
è un fattore abilitante, ma l'umanità deve affrontare i problemi
dell'umanità".
Sono totalmente d'accordo con le parole di Pichai, la
tecnologia dovrebbe essere vista come un "facilitatore" che aiuta
le persone a utilizzare le loro abilità distintamente umane in modo migliore e
più efficiente. Le conoscenze derivate dal web dovrebbero essere utilizzate
per integrare le azioni gli esseri umani. Anzi le persone e le loro abilità
innate diventano sempre più imprescindibili nel momento in cui la necessità di
ideare, implementare e convalidare le soluzioni di IA diventa sempre più
pressante.
È indubbio, se non fosse per la tecnologia non saremmo in
grado di comunicare, lavorare, imparare, ecc. Ricordiamoci però che tutti noi
abbiamo la responsabilità di garantire
che l'equilibrio tra uomo e macchina non
sia troppo sbilanciato in alcuna delle due direzioni.
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