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IL CAMBIAMENTO COME UNICA COSTANTE

“La nostra unica sicurezza è l’abilità di riuscire a cambiare”, teorizzava John Lilly neuroscienziato statunitense. Avere la facoltà e la possibilità di mutare scelte, percorso, luogo, persone, tempi è quel qualcosa che ci fa sentire vivi e che ci fa percepire il potere che abbiamo di incidere su noi stessi e sulla nostra esistenza.

Quando nel quotidiano ci capita, imbattendoci in qualcuno, di dire che “le persone non cambiano”, facciamo davvero impazzire gli uomini di Scienza: materia ed energia si trasformano continuamente, si fondono, crescono, si dissolvono. E’ proprio innaturale l’opporsi ai cambiamenti, l’aggrapparsi a ciò che è stato, a chi eravamo, perché il fluire delle cose è davvero inarrestabile. Dobbiamo lasciarci trasportare senza riserve, considerando il vento di nuove opportunità come una seconda occasione e un sano dosaggio di adrenalina pura.

Oggi il termine Cambiamento è certamente tra i più inflazionati dai media: tutti invocano la bandiera della trasformazione nella politica, nell’economia, nel sistema lavoro…si invoca come rottura all’establishment, come apologia del nuovo. Non è un banale sinonimo di progresso sociale, economico, politico, o meglio, quella è una conseguenza; in primis è prendere coscienza di sé, di ciò che si vuole diventare, dei sentieri che si vogliono percorrere. E’ un cambiamento individuale e poi di conseguenza sociale.

Uscire dalla propria comfort zone accresce l’autostima, apre la mente e fornisce stimoli importanti per migliorarsi all’interno di una sfida con noi stessi, di una lotta per abbattere i limiti e superare barriere. Un fattore che, a mio avviso, ci tiene saldamente ancorati nel nostro “solco” è rappresentato dai nostri paradigmi, ovvero da quelle “costellazioni di concetti, percezioni, consuetudini e valori che creano una particolare visione della realtà”. In altre parole, osserviamo la realtà attraverso delle “lenti” che sono intrise dei nostri valori, delle nostre consuetudini, delle nostre esperienze. Cambiare significa in primo luogo mettere in discussione il nostro sostrato. Conoscere i paradigmi, non solo quelli individuali ma anche quelli organizzativi, è senza dubbio il primo passo per scardinarli. Oggi come oggi le organizzazioni complesse hanno la possibilità di cambiare davvero nella misura in cui i comportamenti individuali mutano, perché la somma dei comportamenti individuali darà vita all’atteggiamento aggregato dell’organizzazione intera.

Mutare a livello personale è da vivere come sfida, come viaggio che arricchisce, dal quale non si ritorna mai come si è partiti.

La metamorfosi individuale è dunque il primo step laddove si voglia portare un cambiamento anche in altri contesti, come in azienda ad esempio. Questa essendo orientata al mercato, scenario che non è mai uguale a se stesso, basato sull’incontro di una domanda e di un’offerta incredibilmente dinamiche, respira inevitabilmente l’aria inebriante del cambiamento. Un’azienda che vuole essere competitiva e che non vuole farsi inglobare dalle logiche di mercato ma vuole anche muoverle, deve essere in grado di effettuare un change management dove serve, un’inversione di rotta talvolta raddrizzando il tiro.

Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a uno stravolgimento senza precedenti del mondo come lo conoscevamo. Tra i fattori più evidenti che contraddistinguono questo cambiamento vi sono l’innovazione tecnologica, la globalizzazione, il cambiamento climatico e conseguentemente l’attenzione verso la sostenibilità e la preservazione del Pianeta Terra. Siamo nell’epoca della disruption, della digitalizzazione e in questo contesto la Tecnologia ricopre sicuramente un ruolo driver, ridisegnando lo sviluppo dei processi e delle relazioni.

Oggi la società e la cultura nel suo complesso ci impongono a volte quasi di essere innovativi a tutti i costi, originali quasi all’estremo, out of the box spesso in modo esaperante; ma questo cambiamento, talvolta imposto per non restare indietro, non deve tradursi nell’essere una caricatura dello stesso. Bisogna puntare al nuovo, certo, non perdendo mai il focus su ciò che ci ha portati ad essere quello che siamo adesso: “fate come gli alberi: cambiate le foglie e conservate le radici. Cambiate le vostre idee ma conservate i vostri principi”, scriveva Victor Hugo, padre del Romanticismo francese.

Vorrei concludere a questo punto la mia riflessione con un pensiero di Robert Forst, poeta americano, che personalmente trovo molto emblematico e evocativo sul tema cambiamento:
“Due strade divergevano in un bosco d’autunno/ e dispiaciuto di non poterle percorrerle entrambe, /essendo un solo viaggiatore, a lungo indugiai / fissandone una, più lontano che potevo /fin dove si perdeva tra i cespugli. Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra molti anni:

due strade divergevano in un bosco ed io
io presi la meno battuta,
e questo ha fatto tutta la differenza.”

Quindi direi che “non c’è nulla di immutabile come l’esigenza di cambiare.”







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