MEMORABLE
EXPERIENCE: OLTRE IL PRODOTTO VERSO L’EMOZIONE
Da quando Henry Ford, uno dei fondatori dell’omonima casa
automobilista declamava spavaldamente: “Chiedeteci La Ford T del colore che
desiderate, basta che sia nera”, ne è passata di strada.
Se
prima si vendeva ciò che si produceva, oggi si produce quello che si vende. Il
risvolto è netto, rivoluzionario rispetto al passato. La logica di base è porre
al centro il Cliente, analizzarlo, studiarlo, capirlo, migliorarne l’esperienza.
Di converso, è l’utente stesso a non cercare più solo il prodotto o il servizio
in genere, in quanto i bisogni funzionali sono stati, nel corso della storia,
quasi tutti soddisfatti.
E’
sull’emozionale, sul terreno del simbolico, dove oggi si stanno spingendo i
Brand. Tutto si consuma nel percepito, nel terreno del “non detto”, nella Black
Box del consumatore.
Quella che chiamiamo Customer
Experience è l’insieme integrato e perfettamente coeso di tutte le
esperienze che i clienti di un’azienda o di una marca vivono nelle interazioni
con queste, attraverso i touch point digitali e offline.
Brand e organizzazioni sono, dal mio punto di vista,
passate da uno stato di product-mindset e dalla relativa visione
prodotto/servizio-centrica (product space) a un nuovo experience space. Per monitorare le dinamiche dell’esperienza
cliente, nel 1997 Steven Pinker pubblica “Come Funziona la Mente”, testo che definisce
i moduli mentali che aiutano l’uomo a interagire con i suoi comportamenti e con
l’ambiente. E’ una lettura evocativa che individua 4 fattori chiave per la
Customer Experience: sensoriale, affettivo, comportamentale, intellettuale.
Oggi rappresenta indubbiamente un elemento cardine del
business, dal quale dipende la performance aziendale. A supporto ci sono piattaforme
e tecnologie digitali sempre più innovative, in grado di garantire risultati
tangibili. L’obiettivo-guida, partendo sempre da una strategia data driver, è
quello di creare una connessione emotiva tra l’offerta dell’azienda e i
desideri del consumatore.
Sono i dettagli, spesso, che il cliente ricorda ancor più
del prodotto acquistato o del servizio ricevuto. Più è customizzato, originale,
distintivo e più si sedimenta nella mente, si lega al ricordo, ne suscita
l’emozione. Si cerca e si ricerca il suggestivo “Effetto Wow”, come per dire che quando hai visto tutto hai bisogno
di qualcosa in più che sia in grado di catturarti davvero.
Mantenere clienti felici e fedeli è poi cinque volte meno
dispendioso che acquisirne di nuovi e la probabilità di un loro riacquisto è
intorno al 60-70%, rispetto al 5-20% di un nuovo cliente. Inoltre con un
leggero aumento del customer retention rate (solo il 5%), si possono generare
profitti dal 25 al 95%.
In tanti ormai parlano di esperienza, è vero, e il termine
rischia di diventare ambiguo o di essere banalizzato. Esiste questo pericolo
“commodity” e svalutazione del topic, vivendo in un tempo definito come era
dell’Economia dell’Esperienza. In questi ultimi 20 anni, il mondo è divenuto
intenzionalmente sempre più sensoriale. Pensiamoci per un momento: food experience, wine experience,
travel experience, driving experience, ecc.
Sembrerebbe esserci un impiego strabordante di questo tema,
ma in realtà è assolutamente vero che le marche, da erogatrici di esperienze,
sono al contempo continuamente (ri)definite e (ri)modulate dalla somma delle
stesse condivise dagli individui.
Interessante in questo quadro è inoltre il concetto di “platfirm”, neologismo che nasce
coerentemente con l’applicazione del platform thinking. Il concetto di
piattaforma è sempre più impiegato come lente per interpretare la “digital disruption”. Molte aziende
digitali nascono come piattaforme, pensiamo a Facebook, Ebay, Google, Uber,
Airbnb, ma anche Nike, ad esempio, si sta strutturando come rete di piattaforme
di interazione per la co-creazione intensiva di valore, beneficiando di
scalabilità rapida, dell’effetto di rete, della Community. Anche i luoghi
fisici (si pensi agli store di Apple), vengono pensati come piattaforme per il
social learning, il coinvolgimento e le attività di supporto al cliente. Il
ruolo delle aziende e dei brand è diventato anche quello di fornire l’ambiente
e il contesto adeguato a fare emergere la giusta esperienza, cioè quella
desiderata dalle persone, che parla il linguaggio dei loro bisogni.
L’obiettivo
è suscitare il coinvolgimento emotivo, proprio perché le sensazioni sono quel
linguaggio universale a cui tutti aspiriamo, durante, dopo l’acquisto e nella
vita in genere. E La mente si sa, si lega e poi ritorna, nei luoghi in cui è stata
bene.
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